- L’apprendista Stregone / Il preferito di CB01 nuovo indirizzo oggi
Uno dei tre apprendisti maghi di Merlino, Balthazard (Nicolas Cage), vive nella moderna Manhattan, dove incontrerà Dave Stutler (Jay Baruchel), ragazzo laureato in fisica che dimostrerà di essere il prescelto per sconfiggere la perfida Morgana. La potente e malvagia maga, bloccata in una bambola di legno da una antica magia, aspetta la sua liberazione ad opera di un malvagio stregone, Horvath (Alfred Molina), nemico giurato di Balthazard. Il giovane Dave apprenderà le arti magiche dal suo nuovo maestro e contrasterà le forze del male, che minacciano di rendere schiava l’intera umanità.
L’unione di moderno con il mistico, magico ed ancestrale mondo della stregoneria ha, a parere di chi vi scrive, un effetto un po’ forzato e stridente. Anche in questo caso l’unione di ‘sacro e profano’, di antichi libri con palmari accessoriati di funzioni google, è un accostamento azzardato, anche se ben ricreato con sapienti e suggestive sceneggiature. Il tutto è retto da un grande Nicolas Cage, qui in perfetta forma, con capelli lunghi, manto nero e lampi guizzanti di magia nelle mani. La Bellucci, che interpreta il ruolo di Veronica, la terza apprendista di Merlino anch’essa rinchiusa nella bambola magica, è limitata (per fortuna!) a poche battute e scarsa presenza. Il film si presenta con un copione abbastanza classico e senza particolari colpi di scena, nel più classico dei canoni Disney di buonismo e lieti fine; il giovane impacciato che riesce a conquistare la sua bella è solo un altro dei clichè a cui siamo ormai ben abituati dalla Disney. Per il resto, il film si riduce a una serie di palle elettriche scagliate dalle mani, qualche effetto speciale discreto e battutine ironiche, con personaggi macchietta che rendono il tutto godibile anche per i più piccoli.
L’apprendista stregone dimostra un buon ritmo, con un Nicolas Cage che torna ai fasti Disney di ‘Il mistero dei Templari’, con eguale immersione nel proprio ruolo. Troviamo anche un omaggio all’episodio dell’Apprendista Stregone del Fantasia del 1940, in cui Topolino mago animava scope e secchi. Nonostante questo non è di certo una ventata di novità che ci porta questo film, facilmente dimenticabile e carente di una migliore capacità accattivante che gli manca.
2) Pelham 123 – Ostaggi in Metropolitana

Metropolitana di New York, un giorno come tanti per Walter Garber (Denzel Washington), coordinatore del centro di controllo del traffico metropolitano. Ma il treno 123 viene preso in ostaggio da una banda armata fino ai denti, guidata da Ryder (John Travolta). Il prezzo del riscatto č di 10 milioni di dollari entro un’ora. E i banditi minacciano esecuzioni degli ostaggi per ogni minuto di ritardo nella consegna del denaro o richiesta non esaudita. Sarā lo stesso Garber a negoziare le trattative, per tutta la durata del sequestro.
Remake del film del ’74 ‘Il colpo della Metropolitana’, con W. Matthau, in Pelham 1-2-3 ad occupare il ruolo del capo dei malviventi, cinico, lucidamente spietato e pazzo, non poteva essere che John Travolta, il cui ruolo di malvagio, giā calzato in altri grandi successi come Face off, sembra fatto su misura per l’attore. Dall’altra parte del microfono troviamo un ottimo Denzel Washington nei panni del capo della centrale di controllo, il cui delicato compito sarā quello di contrattare e prender tempo, assecondando le stravaganti e minacciose pretese dell’uomo.
Il film inizia leggermente in sordina, con un uso forse eccessivo di riprese sfocate e al rallenty che, pių che sottolineare le scene di rilievo, potrebbe infastidire, ma si riprende ben presto con l’inizio della trattativa psicologica, in cui l’imprevedibile Ryder e il calmo e deciso Garber si confrontano in un gioco negoziatore-sequestratore la cui posta č la vita degli ostaggi. I due uomini finiranno per conoscere meglio particolari l’uno dell’altro, in un crescendo di tensione, con lo scadere dell’ora messa a disposizione, ben orchestrata. La profonditā dei due attori protagonisti e lo scavo psicologico, uniti ad un ritmo incalzante e teso per tutta la durata del film, rendono decisamente interessante fino all’ultimo la pellicola.
3) Conan the Barbarian
Conan (Jason Momoa), cresciuto in una tribù di barbari guerrieri e dedito alle armi fin da piccolo, perde il padre dopo l’attacco da parte di Khalar Zym (Stephen Lang). Giura quindi vendetta, incontrando sulla sua strada la bella Tamara (Rachel Nichols), il cui destino si unirà a quello del guerriero cimmero.
Tratto dal libro di Robert Howard, Conan il barbaro diede il via al genere fantasy barbarico, lanciato poi dai fumetti Marvel e sul versante cinematografico nel 1982 dal Conan il barbaro col mitico Schwarzenegger ad impersonare il nerboruto guerriero. Armato di spada, rozzo nelle maniere ma dal cuore nobile e leale, Conan stavolta ci viene proposto in 3D in un remake dalla trama piuttosto lineare per non dire semplice: l’eroe che cerca la vendetta sul truce ed ignobile cattivo, incontrando qualche buon amico lungo il percorso e la sua amata, ovviamente poi da salvare. Il film parte bene, aprendoci la porta al mondo hyboriano con un preludio interessante e che faceva bene sperare, complice anche un grande Ron Perlman nel ruolo del padre del giovane Conan; poi purtroppo si inciampa in una fin troppo prevedibile trama, senza spunti interessanti o capaci di rendere viva la pellicola, che si butta a capofitto in scene di combattimenti feroci e spargimento di sangue alla lunga un po’ ripetitivi. L’attore protagonista, Momoa, è una presenza fisica adeguata al livello muscolare richiesto ma quanto a recitazione siamo scarsi. I pochi dialoghi in alcuni momenti sprofondano in una imbarazzante vacuità, sebbene ci si possa nascondere dietro la scusante dell’eroe rozzo e di poche parole, anche se qui si va oltre un certo limite. La regia falla in alcuni punti con errori di superficialità (l’abbordaggio alla nave che inizia a notte fonda mentre la successiva scena di combattimento sulla stessa è in pieno giorno). Manca inoltre quel senso di epico che il prologo poteva lasciar sperare, facendo scivolare il film nel mare dei remake falliti.